Europa, nuovo Sud del mondo (calcistico)

mio articolo da CALCIOSTRUZZO del 24 giugno 2010

I capitali investiti da tantissimi Club europei nei giovani talenti del Sud America sono ormai all’ordine del giorno e come se non bastasse anche chi non può spendere troppo (vedi Calcio Catania) ha ormai decisamente sterzato su quel mercato. Tanto, si sa, le Società da cui si fa la spesa le si pagano con le seconde e terza vendite in Europa del calciatore acquistato, meccanismo che permette al primo acquirente di qua dall’oceano non solo di assicurarsi qualsiasi giocatore desideri, sempre e comunque, ma anche di guadagnarci parecchio se anche non diventa un campionissimo, senza comunque doversi accollare le spese legate alla sua formazione.

Questi Mondiali sudafricani stanno evidenziando la piega che il movimento calcistico globale ha già preso. Tra le europee, innanzituto le due finaliste di Germania 2006 sono già fuori, con la Francia che si è addirittura ammutinata e per essere certa di uscire ha deciso di giocare come quest’Italia ha saputo fare solo al suo meglio. Poi, Inghilterra, Germania, Portogallo e Spagna non stanno brillando. La migliore finora è l’Olanda, che comunque oltre il compitino non è ancora andata. Le europee rimaste potranno anche andare avanti, ma resta il fatto che il gioco espresso è deprimente al punto che la muscolarità di molte altre Nazionali, anche quelle tatticamente ancora allo sbando come le africane, è stata sufficiente a frenarle.

Di qui dall’Atlantico non si lanciano i giovani e nel caso specifico dell’Italia è considerato ancora un rischio uno come Montolivo, cui altrove ci si sarebbe affidati da tempo e senza problemi rendendolo magari una guida più sicura di quanto sia riuscito a essere in Sud Africa e trovando contemporaneamente un’altrenativa credibile e il giusto erede a un Pirlo che, benché benissimo, ha già dato. Alla resa dei conti si è preferita l’esperienza di giocatori in forma precaria alla brillantezza di giovani ovviamente meno esperti ma che, se utilizzati con più regolarità, nulla ci vieta di pensare che potessero fare come i messicani. Scelta non necessariamente deprecabile, ma di certo illuminante sulla condizione del calcio di qui, nel senso che di ragazzi pronti (loro malgrado) ce ne sono pochissimi.

E’ ovvio che alle Società di qui, ricche in confronto a quelle sudamericane anche se possono spendere solo 1/100 di quel che sono in grado di mettere sul piatto Inter, Manchester United e Real Madrid, faccia comodo prendere giovani da Brasile, Argentina, Uruguay ecc ecc. Lì, a diciassette anni sono spesso titolari e giocano anche le Coppe, quindi all’età di Ogbonna e Ranocchia hanno già il bagaglio come minimo di Chiellini e a quella di Immobile hanno giocato fra i grandi appena meno di Pazzini. Rappresentano insomma un vero e proprio tesoro non solo per i rispettivi Club ma anche per le Nazionali maggiori, avendo oltretutto già raccolto parecchio anche con quelle giovanili, prova ne siano i loro tanti successi mondiali rispetto a quelli dalle pari età europee.

Il fatto è che l’acquisizione di tutti quei campioni in erba è in realtà una colonizzazione al contrario. Conseguentemente vacilla l’idea che l’Europa del calcio sia ancora il Nord del mondo in tutte le sue accezioni, che comprendono l’avanguardia tecnico-tattica e in definitiva il predominio assoluto. Logico. Quei ragazzi arrivano dopo essersi formati in ambienti che calcisticamente sono comunque ottimi, qui migliorano ancor più, sui venticinque anni se già non ne fanno parte passano a formare l’ossatura delle squadre migliori e poi, quando devono rappresentare il proprio Paese e quindi i soldi non sono più un fattore, lasciano la vecchia Europa e le sue Nazionali a fare i conti con la propria politica. Risultato? A oggi il Centro-Sud America rischia di non portare agli ottavi di Sud Africa 2010 soltanto l’Honduras: sei qualificate su sette partecipanti. L’Europa, invece, almeno il 30% delle proprie rappresentative l’ha già perso, incluse Italia e Francia ultime nei rispettivi gironi senza aver nemmeno mai vinto.

Avanti, l’Inter che ha vinto tutto è sudamericana, l’Atletico Madrid fresco vincitore dell’Europa League lo è poco meno, il Real Madrid di domani potrebbe esserlo ancor di più, le stelle del redivivo Benfica sono argentine e brasiliane, la stessa Roma deve al Sud America l’asse della difesa e il Milan annovera fra i suoi passato recente, presente e futuro prossimo della Nazionale verdeoro. Fra le grandissime non fanno eccezione nemmeno il Liverpool e il pur inglesissimo Manchester United. Discorso a parte merita il Barcellona, ma qui si dovrebbe passare a parlare dei vivai (Puyol, Piqué, Xavi, Iniesta, Krkic e Pedro, per esempio, vengono dalla Masia) e non per altro questa Spagna molto azulgrana è l’unica vera grande rimasta in Europa, almeno dal punto di vista tecnico e del gioco. Venendo all’Italia, per concludere, non sarà certo una manciata di nobili eccezioni a farci dire che sui giovani, qui, si vuole puntare.

Insomma, che siano diciottenni o campioni già affermati, è molto più semplice pescare in Sud America, ma quando si spengono le luci su campionato e soprattutto Champions League ecco che i nodi vengono al pettine. E se anche alla fine questi Mondiali li vincesse il Portogallo o l’Inghilterra, il concetto non cambierebbe e, con un occhio sempre al gioco volendosi allontanare per una volta dalla visione utilitaristica dipendente dai risultati, sarebbe evidente la logica e a questo punto anche giusta superiorità del cosiddetto Sud del mondo.

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