Lippi e la fantomatica Italjuve

mio articolo da CALCIOSTRUZZO del 10 maggio 2010

I Mondiali sono alle porte e due polemiche che hanno riempito giornali, televisioni e bar per lunghi mesi sembrano essersi l’una chiusa definitivamente e l’altra no. La prima riguarda la convocazione di Cassano, saltata una volta per tutte, mentre la seconda è quella per cui si coniò il termine Italjuve.

Ora, Lippi non è certo un simpaticone. Personalmente lo metto fra Mourinho, coi suoi dossier su qualsiasi personaggio possa eventualmente incrociare al fine di zittire chiunque lo avversi, e Capello, che diversamente dal portoghese ma al pari di Ferguson parla chiaro ma poco e soprattutto presidia lo spogliatoio con una ferocia che forse nessuno che non c’abbia messo piede potrà mai lontanamente immaginare. Per tornare a Lippi, le tante volte in cui ha letteralmente mandato a quel paese chi non gli garbava e l’acidità con cui ribadisce la totale libertà di gestire il lavoro che gli è stato affidato come meglio crede non sono che un altro modo di essere, duro, chiuso e che personalmente non mi entusiasma, fra i tanti dei tecnici comunque ritenuti e dimostratisi più vincenti.

Non sono addentro le vicende della Nazionale e della Sampdoria, ma non mi è sfuggito come almeno sul piano temporale alla sollevazione popolare (bisogna poi vedere di quanti, dato che esiste anche la maggioranza silenziosa) per l’esclusione di Cassano dal gruppo degli Azzurri abbia seguito un periodo di esclusione del barese anche dalla prima squadra dei blucerchiati. Chissà che alla base non ci fossero le stesse ragioni, anche se Del Neri ne è uscito tutto sommato bene e Lippi invece no… Fatto sta che dopo quel momento per Cassano ai Mondiali la gente si è adoperata decisamente meno.

Resta però il fatto che Lippi continua a non essere visto bene, coi suoi detrattori che mesi fa l’hanno accusato di imporre il blocco Juve. La famosa Italjuve, comunque la si voglia scrivere.

Sono vecchi, stanno giocando da schifo, dicevano. Ma soprattutto: basta Juve! Lippi e la sua amata Juve, non se ne può più! Questo detto anche dalla maggior parte di coloro che quattro anni fa si sono sgolati per gli Azzurri che hanno vinto la Coppa, e dicendo Azzurri intendo anche Buffon, Cannavaro, Zambrotta, Camoranesi e Del Piero. Ma che questa volta di Buffon, Cannavaro e Camoranesi non vogliono più sentir parlare, come di Grosso (allora uno ok, fra Palermo e Inter), Iaquinta, Chiellini, Legrottaglie e Marchisio, o Criscito che gioca nel Genoa me viene dalla Juve, non dimentichiamolo.

Tutto questo da un lato è antistorico e dall’altro a mio avviso nasconde una debolezza che è una grande verità, da cui evinco che di attaccamento alla maglia azzurra ce ne sia meno di quel che si dice.

Vado al punto. Di giocatori la Juve ne ha sempre dati tanti alla Nazionale italiana, soprattutto a quelle rappresentative che hanno vinto. E lo ha fatto perché ha quasi sempre avuto forti giocatori italiani su cui ha puntato fin dalla loro giovinezza o scovandoli qua e là fra i meno conosciuti. E’ un marchio di fabbrica che deriva da una scelta. Come quello dell’Atalanta e del Torino che hanno sempre avuto grandi vivai. Ma nonostante l’attuale, ennesima incidenza dei bianconeri in azzurro adesso dia noia, non bisogna dimenticare che anche altre squadre in altri tempi hanno dato parecchi campioni alla Nazionale contemporaneamente alla Juve. Per non andare troppo indietro, si pensi all’82 quando, per restare all’idea di blocco, Oriali, Marini, Bergomi, Collovati, Altobelli e Bordon hanno rappresentato Milano e in particolare l’Inter accanto ai bianconeri. Nel consenso generale.

Allora cos’è cambiato da Berlino a oggi? Davvero Lippi è diventato all’improvviso così insopportabilmente fazioso a meno di un lustro da quando, pur antipatico che potesse stare come persona, in qualità di c.t. aveva convocato più o meno lo stesso numero di juventini (fra titolari e non) che si porterà in Sud Africa? No! A cambiare è stata la forza di certi Club. In questi quattro anni infatti molti milioni di tifosi hanno vissuto gioie mai provate prima almeno dai più giovani fra loro, quelli che non possono nemmeno avere memoria storica, e si sono a tal punto inebriati di queste affermazioni sportive dei loro beniamini da aver perso l’attaccamento alla Nazionale, la squadra cui fino al 2006 chiedevano di regalargli grandi gioie con qualsiasi giocatore. Sono arrivati al punto di poterne fare a meno, adesso possono permetterselo. E di avversarla in quanto ai loro occhi rappresentativa di un Club che detestano, che non deve più vincere con nessuna maglia. Sennò si farebbe il conto anche dei milanisti, che zitti zitti sono cinque.

O solo io conosco chi la pensa così oppure questa cosa, diffusa com’è, andrebbe chiarita una volta per tutte. Ed è proprio l’improvvisa avversione totale allo stesso c.t vincente di quattro anni fa e alle sue scelte a smascherare i nuovi anti italiani. Tifosi che, ci tengo a dirlo, mantengono il sacrosanto diritto di esaltarsi per le gesta di tutti gli stranieri che hanno fatto grande la loro squadra di Club, ma che accettando quell’impostazione non possono però stupirsi e lamentarsi della struttura di una Nazionale che da quel Club non attinga e che oltretutto, per tornare alle considerazioni iniziali, non si discosta da quella che storicamente ha avuto con buona pace (e spesso godimento) di tutti. Ma proprio tutti. I non juventini che godevano ieri per Cannavaro, l’altroieri per Schillaci e l’altroieri ancora per Paolo Rossi. Magari con un poster dell’urlo di Tardelli ancora attaccato in camera.

Per sostenere la Nazionale bisogna andare oltre il tifo per la propria squadra e i conti si fanno quando in azzurro il proprio Club non è rappresentato. Intendiamoci, non che quest’improvviso rifiuto del Lippi presunto ambasciatore juventino sia molto diverso dalla libidine provata da qualcuno vedendo Sacchi e un Franco Baresi in lacrime abbracciati sul campo di Pasadena nel ’94. Insomma, stupirsi di certe cose nel 2010 è un po’ come scoprire l’acqua tiepida. Ma dato che ultimamente il calcio nostrano si è dimostrato fragilmente umano come nessun altro sport, ecco allora che senza accendere la polemica è giusto però sottolineare come anche questo antilippismo sia una prova di tifo all’ennesima potenza, insomma, di un’altra forma di debolezza umana di cui sorridere ma che dovremmo comunque chiamare col suo nome.

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