mio articolo da COMUNITA’ ITALIANA di agosto 2010
Archiviati i Mondiali con uno dei più clamorosi flop nella storia calcistica italiana, poche settimane ci separano dall’inizio del nuovo campionato. Saranno giornate decisive non tanto per la preparazione, che già tutte le squadre hanno iniziato benché senza la maggior parte dei reduci dalla disastrosa campagna sudafricana, quanto per il mercato.
Non appena Lippi ha girato i tacchi per rientrare negli spogliatoi di Ellis Park al termine della sconfitta decisiva con la Slovacchia, seguito nel giro di pochi minuti da giocatori e assistenti vari, giusto il tempo di asciugarsi le lacrime, le dita di tutti gli inviati e quelle dei commentatori rimasti in Italia hanno iniziato a battere sulle tastiere dei computer parole come ‘ricostruzione’, ‘settori giovanili’ e ‘vivai’. Ben presto, a queste si sono aggiunte ‘oriundi’ e ‘naturalizzati’, fino a quando il nuovo c.t. Prandelli non ha coniato l’espressione ‘nuovi italiani’, di certo rassicurante e politicamente assai corretta ma nella sostanza indicatrice della situazione delicata e deficitaria in cui si ritrova il movimento calcistico italiano dopo anni di gestione sciagurata. Sì, perché se la soluzione al problema dell’assenza di forze fresche venisse trovata in questa scorciatoia, la Nazionale rischierebbe di essere modellata sulla falsariga dei tanti Club che contano sul pret-a-jouer. Ahimé.
Proprio questo aspetto che a breve verificheremo quanto incisivo o meglio decisivo s’intreccia coi temi di mercato cui si faceva cenno. E’ evidente, infatti, che la strada intrapresa dalle singole squadre si rifletterà ancora una volta sull’organizzazione della Nazionale, lasciando al selezionatore poca scelta al di là di quella iniziale, che potrebbe rivelarsi drastica nel momento in cui decidesse di puntare sui giovani poco rodati che offre il nostro Campionato (restano esclusi i pochi ragazzi di talento impegnati all’estero) piuttosto che principalmente su campioni di provata esperienza nonché provenienza variegata. Ecco, una volta che Prandelli dimostrerà di voler puntare su questi o quelli, come sempre dovrà poi fare i conti con quel c’è. E nel primo caso sarà costretto a dar fondo a tutta la propria abilità, imponendo innanzitutto ai Club l’impiego di più giovani in ruoli da protagonisti.
Ed è qui che casca l’asino, come si suol dire. Il pasticcio, l’ennesimo, è stato fatto dalla Federazione, che in corsa ha provato a limitare l’acquisizione di nuovi extracomunitari dall’estero lasciando comunque libere le contrattazioni riguardanti i tantissimi che giocano già in Italia. Questo nel tentativo repentino e un po’ ingenuo di obbligare anche i Club più importanti a dare spazio ai giovani calciatori italiani, senza però tener conto del fatto che a questi si potrebbero ugualmente preferire gli extracomunitari che sono già qui, vista soprattutto l’ampia scelta. Certamente infastiditi a ragione da un cambio di regole in corsa soprattutto a fronte di tanti soldi che ci sono in ballo, mi è parso però che i Club abbiano comunque fatto capire attraverso la Lega (che li rappresenta) che sarebbero proprio i quattrini non più gestibili come pianificato a preoccuparli. La tutela dei settori giovanili, da cui più o meno sinceramente era partita l’iniziativa della Federazione, ha invece avuto un ruolo decisamente marginale.
Comunque la si pensi, mi viene naturale osservare che alla fine proprio ai giovani si dovrà arrivare, però. L’annunciato fairplay finanziario voluto dalla UEFA fra un paio di anni inchioderà tutte le Società calcistiche europee alle proprie responsabilità, obbligandole non solo a investire parte dei propri soldi in un certo modo (con iniziative come la costruzione di impianti di proprietà ma anche iniezioni al merchandising e proprio ai vivai) ma anche a presentare bilanci che dipendano esclusivamente dall’attività svolta, dimenticandosi interventi improvvisi e risolutori di capitali esterni. Molti Club italiani, al pari di quelli europei, hanno allora già frenato decisamente rispetto anche solo all’anno scorso, e così benché il tipico agosto dei botti di mercato sia ancora lontano dal concludersi non c’è praticamente nessuno che stia comprando senza aver prima venduto. E non sono pochi i ragazzi pronti a essere finalmente trattenuti dalle grandi invece che dirottati come costume in Serie B o in squadre di Serie A ma che non sono in grado di fargli fare anche esperienze europee, per esempio. Un po’ necessità urgente, visti i pochi quattrini che girano, e un po’ pianificazione in vista dell’appuntamento apparentemente inevitabile col citato e implacabile (speriamo finalmente per tutti) fairplay finanziario.
Fatto sta che i giovani finiranno comunque per tornare a essere al centro dell’attenzione. Purtroppo solo perché non se ne potrà fare a meno, e ci sarà da ridere a osservare i grandi Club che si spiano per vedere chi farà questo passo per primo, col rischio magari di indebolirsi rispetto a chi rimanderà il cambiamento fino all’ultimo… E poi in Italia non ci sono i corrispettivi di Barcellona, Manchester United e Arsenal, che ogni anno lanciano tre o quattro campioncini nuovi da leccarsi le dita… In attesa di scoprire se dei limiti agli acquisti di stranieri da fuori Italia ci saranno davvero e riguarderanno anche le prossime stagioni, mi auguro poi che ai giovani di casa nostra non vengano preferiti i diciotto-ventenni già pronti che vengono dal Sud America senza che la loro crescita abbia pesato sulle casse dei Club nostrani. Ai Martinez e ai Suarez, che so, preferirei i Rossi e i Caputo, insomma. Non certo per sciovinismo, ma perché oltre che a chiudere affari redditizi con l’estero vorrei che i dirigenti italiani riuscissero a dare finalmente corpo a un sentimento diffuso nel Paese, fatto anche di orgoglio. Altrimenti smettiamola di dire che il calcio è lo sport della gente e chiariamo una volta per tutte che è dell’agente.