Rossonerazzurro

mio articolo da COMUNITA’ ITALIANA di gennaio 2011

Il recente passaggio di Leonardo sulla panchina dell’Inter ha scatenato reazioni forti e di segno opposto. Il fatto che un simbolo riconosciuto e tale autodefinitosi del Milan, che oltretutto soltanto un anno fa i rossoneri guidava dopo esserne stato giocatore, dirigente e consulente di mercato, è stato visto in modi diametralmente diversi da tifosi, giornalisti e addetti ai lavori.

Leonardo ha definito la propria scelta come espressione di libertà di un uomo alla ricerca di un sogno prima ancora che di un lavoro. Questo mentre dirigenti e presidenti delle due squadre milanesi, invece, da tempo parlavano di sgarbi reciproci. Senza rivangare il passato più o meno lontano coi cambi di maglia di Meazza, Collovati e Baggio, in tempi abbastanza recenti c’erano stati i casi di Ganz, Seedorf e Pirlo, tutti passati in rossonero, oltre a quelli di Crespo e Vieira. Il trasferimento più clamoroso era però stato quello sempre al Milan dell’ex idolo nerazzurro Ronaldo, benché dopo alcune stagioni al Real Madrid, preceduto da quello analogo di Vieri e seguito l’estate scorsa da quello di Ibrahimovic che, via Barcellona, ha parimenti preso la via di Milanello. In queste ultime settimane invece, con una repentina inversione di tendenza, è stato Moratti ad attingere in casa dei cugini con la scelta di Leonardo quale nuovo allenatore e le avances niente meno che a Kakà, Ronaldinho e un monumento come Paolo Maldini cui avrebbe offerto un ruolo dirigenziale.

Con tanta scelta a disposizione, c’è chi si chiede perché il presidente dell’Inter abbia dovuto per forza pescare nel Milan e certamente l’umore dei tifosi è ancora tutto da sondare in attesa dei primi risultati che, al solito, conteranno più dei principi. A me tornano in mente le vicende di Peppone e don Camillo, chiara testimonianza del rapporto di odio-amore esistente fra chi deve avversarsi a tutti i costi ma in realtà riconosce nell’esistenza dell’avversario la condicio sine qua non della propria. Col rischio di affezionarvisi. Che il Milan, pur rimasto indietro in ambito cittadino, mantenga per Moratti un fascino intatto? Corrisponde questo atteggiamento benevolo nei confronti dei cugini a quello inconfessato perché inconfessabile che Berlusconi avrebbe rispetto all’Inter?

Dopo tanto veleno di cui negli ultimi anni si è intriso il calcio italiano, auspico che questo nuovo scenario sia credibile. Il fatto poi che protagonista di questa piccola rivoluzione sia un brasiliano potrebbe non essere casuale ma piuttosto espressione di un reale modo di vedere le cose diversamente. Magari da importare.

Cosa si direbbe in Italia di Celso Roth che ha sollevato la Libertadores con l’Internacional dopo aver vinto anche coi rivali del Gremio e fatto la spola fra i due Club? E del tecnico neocampione del Brasile, Muricy Ramalho, che da uomo simbolo del San Paolo era passato al Palmeiras prima di trionfare con una squadre carioca? O di Vanderlei Luxemburgo, cresciuto nel Botafogo ma attuale allenatore del Flamengo dopo aver seduto anche sulle panchine di Vasco da Gama e Fluminense? Certo, l’Italia non è il Brasile e qui permane un modo curioso di guardare alle cose, se è vero che Ibrahimovic è stato accolto a braccia aperte prima dai tifosi dell’Inter, che se lo vedevano arrivare niente meno che dalla Juve, e poi da quelli del Milan, che quando lo svedese era all’Inter l’avevano patito e insultato non poco… mentre ora gli stessi tifosi aperti a ogni rinforzo, purché gli giovi, avrebbero preteso da Leonardo e Leonardo solo fedeltà ai colori.

In un calcio ormai privo di bandiere, appurato lo spirito che anima la gran parte dei tifosi c’è da augurarsi che Leonardo da oggi in poi dimostri coerenza se è vero che solo pochi mesi fa aveva detto di non poter andare alla Roma perché si sentiva ancora troppo legato al Milan. Passo fondamentale sarebbe che alla prima occasione dimostrasse di essersi svincolato per davvero dalle debolezze tipiche del Bel Paese, quelle per cui si dichiara di volta in volta ciò che più aggrada la piazza.

Ammesso e non concesso che nella vicenda di Leonardo, che non è priva di precedenti, si voglia vedere uno spartiacque del costume calcistico italiano, sarebbe bello che, moderando i toni e parlando da professionisti, innanzitutto gli allenatori nel corso della loro seconda vita dopo essere stati giocatori riuscissero a indicare la giusta via da percorrere in tempi nei quali la stampa per prima tende a creare ad arte storie in grado di far fermentare l’ambiente anche quando non ce n’è bisogno. E’ infatti più la gente che guarda alle cose senza prendersela rispetto a quella le cui reazioni eccessive risultano dettate dall’abitudine a ridire su tutto ogni qual volta le cose non vanno come vorrebbe, pronta a rimangiarsi tutto se il vento cambia.

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