mio articolo da WORLD STRIKER del 18 marzo 2011
La Juventus non ha mai conosciuto una stagione agitata come quella attuale. In centoquattordici anni di storia non ha mai attraversato una crisi di queste proporzioni, resa evidente non tanto dalla durata quanto dal carattere.
Pur essendo il Club italiano che più ha vinto in campo nazionale ed essendo stato il primo al mondo a conquistare le quattro Coppe maggiori, ha già vissuto lunghi periodi negativi. Per esempio non vinse lo scudetto per vent’anni fra il 1906 e il ’25 e poi ancora per una quindicina fra il ’36 e il ’49 – benché nel frattempo si combatterono le due Guerre Mondiali; quindi per altri otto, fra il 1987 e il ‘94. E il suo primo succeso europeo data 1977, due decenni dopo che le competizioni continentali presero a essere organizzate con regolarità. Questi numeri dovrebbero ridimensionare lo scoramento dei tanti sostenitori bianconeri di oggi, che non gioiscono da appena un lustro, e invece uno sconforto come quello che regna attualmente nel mondo Juve non ha precedenti.
Ripercorrere la storia recente di questa Società diventa allora necessario per cercare di capire. Quel che emerge immediatamente è un’apparente verità taciuta per molto tempo ma che ultimamente è sulla bocca di tutti, non solo nei bar ma anche in tutte le trasmissioni televisive che si occupano di calcio. Nel 2006 il Club accettò di buon grado di essere retrocesso in Serie B invece che fare ricorso e fermare così il campionato per far valere le proprie ragioni. A rivendicare scudetti revocati e invocare il coinvolgimento delle Società scampate alla mannaia di Calciopoli non ha rinunciato; ma ha provveduto solo in seguito, a tragedia sportiva consumatasi. E lo sta facendo con particolare veemenza adesso attraverso la voce della nuova Presidenza dopo aver iniziato su iniziativa di quelle appena precedenti, direttamente riconducibili al volere di John Elkann. Ma anche se Andrea Agnelli, attuale Presidente, sembra avere davvero a cuore i colori bianconeri e voler intraprendere una nuova strada, è ormai di dominio pubblico che il legame col cugino, giudicato invece un affarista per cui la Juve sarebbe funzionale ai tanti altri interessi del Gruppo Exor, è ugualmente forte. Troppo, forse. E le similitudini nella gestione della Società tante. Troppe, forse.
Fatto sta che dalla discesa in B a oggi alla Juve non hanno mai avuto un progetto reale. Nell’ultimo quinquennio si sono cambiati addirittura 5 allenatori, quando cinque anni era stato il periodo medio del mandato di ogni tecnico avuto in passato. Al netto di entrate e uscite, poi, ingaggi esclusi, si sono spesi più di 130 milioni di euro. E dopo il settimo posto nello scorso campionato, con qualificazione solo ai preliminari di Europa League quando in Champions potevano andarci ancora in quattro, questa stagione rischia di fare il paio con quella disastrosa del ’90-’91, legata a Maifredi, quando la mancata qualificazione europea era stata definita un fallimento senza pari e soprattutto senza possibilità di ripetersi. Inoltre, dalla promozione in Serie A allo scorso gennaio, in otto sessioni di mercato si sono condotte 172 operazioni di mercato, di cui 64 in entrata e 108 in uscita, con la rosa rivoluzionata ogni sei mesi fino a ridursi a una vera armata Brancaleone.
Di fronte a questo anomalo scenario in assoluta controtendenza con più di un secolo di conduzione degli affari, come pensare che il futuro possa riservare qualcosa di buono agli speranzosi tifosi della Vecchia Signora? Come non dar credito alle voci che vorrebbero la Juve merce di scambio per affari ben più estesi di quelli calcistici? L’unico segnale che sembrerebbe riportare a un modo di fare tipicamente juventino è il mantenimento di Gigi Delneri sulla panchina, dopo che sia Ranieri che Ferrara erano stati allontanati a stagione in corso secondo una prassi che alla Juve avevano sempre visto con orrore. Eppure anche la conferma della fiducia all’attuale tecnico, dimostratosi incapace ogni ragionevole dubbio di comprendere e mettere a frutto le caratteristiche dei suoi, finisce per essere l’ennesimo segnale delle intenzioni delle proprietà del Club. Che stride definire ancora bianconero vista anche la maglia che i giocatori indossano sempre più spesso, anche in casa, con quella ridicola saetta tricolore su fondo bianco che fa pensare a un Sindaco che presenzi a una cerimonia ufficiale in tenuta sportiva. Forse che la Juve sia davvero diventata un prodotto politico?