River Plate, un autogol da evitare

mio articolo da MAGIC FOOTBALL del 9 luglio 2011

Nel comprensibile turbinio di sensazioni che possono seguire un evento tanto forte come la storica retrocessione del River Plate, le esternazioni dei tifosi sono state infinite.

Mentre i due ultimi presidenti, Passarella e Aguilar, sono prossimi al confronto giudiziario in conseguenza delle reciproche accuse lanciatesi con riguardo al tracollo del Club, la cosiddetta gente comune sta intasando forum e occupando piazze reclamando di tutto. C’è chi chiede le dimissioni di Passarella con maggiore urgenza rispetto a quelle di Grondona, chi prega perché ritornino sempre più campioni del recente passato dopo Cavenaghi e il ‘Chori’Dominguez. Ma c’è anche chi propone l’abbandono della tradizionale maglia in occasione della partecipazione al campionato di B Nacional.

Quest’ultima iniziativa ci dà lo spunto per fare alcune considerazioni. Diciamo subito di essere assolutamente contrari a questa iniziativa apparentemente geniale ma in sostanza assurda. Perché? Semplice, perché i rientri alla base di campioni che avrebbero potuto continuare a far fortuna all’estero è un chiaro segnale di lealtà e non fa altro che accrescere la grandezza del River attraverso la nobiltà di molti suoi prodotti che di questa istituzione hanno ereditato il modo di intendere la vita. L’abbandono della tradizionale banda rossa a favore di una nera, che sembra essere una forma di tutela della storia ‘millonaria’, risulterebbe invece al di là dei più sinceri e leali propositi una giustificazione all’appellativo di ‘gallina’ ovvero ‘coniglio’ che chi avversa il Club ha affibbiato a chi invece lo ama.

Se c’è qualcosa che, lungi dall’essere vero solo laddove si parli di River come asserisce chi non va oltre il tifo, si è comunque sempre affermato, è che questo Club è il più grande, al punto da bastare a se stesso indipendentemente dai successi. Archiviare la banda rossa, al contrario, significa dubitare e, attraverso il rifiuto di un pezzo di storia, dimostrare di aver bisogno di conferme esterne alla citata grandezza. Un vero autogol piuttosto che, triste a pensarlo, una dimostrazione di fragilità facilmente confondibile con codardia.

Quel che il gruppo di tifosi a cui si può ricondurre questa proposta dovrebbe considerare è che il River, in B, rischia di passarci più di un anno, oltretutto, soprattutto se non giocherà come si auspica Nicolas Domingo, altro ex in procinto forse di tornare, che ha appena affermato che una squadra come questa non può vincere se non gioca bene. Per ‘bene’ ci sentiamo di poter intendere anche ‘come si deve’, quindi comprendendo i meccanismi della serie cadetta, ossia evitando l’atteggiamento di chi in passato abbia vinto tanto ma solo per questo ritenesse che qualcosa gli fosse dovuto.

I fatti seguiti alle parole di Cavenaghi e Alejandro Dominguez, l’ultimo dei quali fino a poco fa accostato a ricche squadre italiane, al pari delle chiare intenzioni di aiutare la causa di chi però non è ancora stato riaccolto da Almeyda o per meglio dire Passarella, sono motivo di giusto orgoglio, e la strada da intraprendere dovrebbe ispirarsi a questo spirito. Rinnegare le recenti sventure, per di più per colpe altrui, è invece un antipatico modo di porsi sempre e comunque al di sopra di tutto. Qualcosa di assurdo, quando ci sono evidenti motivi di soddisfazione dipendenti dalla gloria meritatamente raccolta dal Club in più di cento anni, e che paradossalmente pone sullo stesso piano sostenitori che si ritengono migliori solo per essere difensori dei colori del River e tutti quelli a cui, a mo’ di sfottò, questi stessi tifosi danno degli inferiori.

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