Big Bang argentino

mio articolo da MAGIC FOOTBALL del 26 luglio 2011

L’ultima del padrone assoluto del calcio argentino, il presidente dell’AFA Julio Grondona, è il parto di un campionato a trentotto squadre. Niente meno…

Nel corso di una recente riunione a cui, a onor del vero, hanno partecipato e votato a favore i rappresentanti della stragrande maggioranza dei Club di Prima Divisione, ha iniziato a prendere forma il campionato più affollato del mondo, con ancora più iscritti di quelli professionistici nordamericani di basket, football, baseball e hockey su ghiaccio. Dal 2012-13, infatti, si giocherebbe una massima serie allargata, con squadre inizialmente suddivise in gruppi organizzati su base territoriale e, nella seconda parte della stagione, la disputa di un torneo per il titolo fra le meglio classificate e uno per non retrocedere fra le paggiori.

In attesa dell’ultima parola, da pronunciarsi a ottobre, e con la possibilità di alcune modifiche in corsa, sono già tanti i commenti che si possono fare a riguardo. E sembra che per la prima volta i tifosi di tutte le squadre siano d’accordo: in questo ennesimo rimescolamento di carte, infatti, ravvisano un tentativo di tutelare ma anche spremere i grandi Club, tutti indistintamente – non importa se togliendo credibilità alle loro probabili affermazioni – con conseguente sacrificio dei meno forti a cui verrebbero garantiti grande ribalta e una più agevole salvezza solo per mascherare altro. Ma cosa?

A due anni esatti dalla minaccia di stop al calcio nazionale per la supposta tutela dei creditori di tanti Club indebitati, che si era poi dimostrata per quel che era e cioè la ricerca di un contratto televisivo nuovo e migliore, poi ottenuto, Grondona e i suoi sono scesi nuovamente in campo. Manca solo l’ufficialità ma anche stavolta, dietro, ci sono i media coi loro soldi. Ipotizzati tanto per iniziare incassi almeno raddoppiati rispetto a ora per tutte le Società, attendiamo ulteriori particolari.

Per il resto, è facile che un tifoso del Boca ne schernisca uno del River Plate perché alla sua squadra – come alle altre nobili decadute quali Huracan, Gimnasia La Plata e Rosario Central con quest’ultimo già reduce da un primo tentativo fallito di promozione – basterebbe arrivare fra i primi 14 o anche 16 dell’imminente campionato di B Nacional per essere incluse nella grande Serie A della stagione seguente. Ma a sua volta un ‘millonario’ potrebbe replicare che a Boca, Independiente, San Lorenzo e Racing farà comodo giocare la prossima Primera Division senza l’affanno dipendente dal rischio di retrocedere. Niente di più vero e attuale, visto che a tutte queste squadre basterebbe perdere all’esordio per trovarsi sotto l’1,3 cioè la quota che per questione di decimali ha rappresentato salvezza risicata per l’Olimpo ma spareggi per il River, appena due mesi fa. Questo dopo che nel corso degli ultimi sei tornei River e Independiente hanno chiuso anche all’ultimo posto così come Boca, San Lorenzo e Racing si sono classificate fra le ultime quattro o cinque. Insomma, se la si vuole vedere da questa prospettiva, quel che non possono nemmeno il Promedio e la calcolatrice potrebbe farlo la struttura di questo supercampionato con fasi troppo numerose perché alla fine le grandi non riescano a scamparla.

Non solo Grondona, quindi? Evidentemente la responsabilità di questo progetto è anche di chi ha interessi ancora più diretti, di Club insomma, ma non certo sportivi. Né ha, esageriamo, coscienza sociale. Basti pensare alla questione della sicurezza, con l’irrompere sulla scena degli ultrà di squadre a cui sono tutt’ora vietate le trasferte ma che, cambiassero le cose, dovrebbero godere della stessa libertà di quelli di Club che possono permettersi di pagare i servizi d’ordine. Va da sé, poi, che con la prospettiva di gruppi di cui farebbero parte un gigante e per il resto cugini dai mezzi infinitamente inferiori per molti tifosi le partite della prima fase rappresenterebbero giusto l’occasione per regolare vecchi conti rimasti aperti magari da decenni. Niente più che questo.

Personalmente, sono sempre a favore della regionalità. In Italia, per esempio, auspico una competizione che ricalchi i campionati statali brasiliani al posto, per esempio, di una Coppa Italia senz’anima. In Argentina, quindi, mi alletta l’idea di grandi del passato come Chacarita e Ferro che, dopo che solo i pochi mezzi ne hanno decretato l’appartenenza quasi ineluttabile a categorie inferiori, tornano a vedersela regolarmente coi rivali cittadini del Velez e del River (cosa, quest’ultima, che già accadrà quest’anno ma solo in ragione della contemporanea partecipazione alla serie cadetta). E mi stuzzica l’idea di una discesa in massa a Buenos Aires o La Plata di tifosi del Paranà che altrimenti non avrebbero mai trovato in vita loro un motivo valido per intraprendere un simile viaggio. Ma bisogna capire cosa c’è dietro a questa che gli argentini hanno già capito essere l’ennesima, clamorosa presa in giro nei loro confronti. E in quelli dello sport. Così dico che sarebbe più bello, oltre che onesto, assistere a determinate sfide che sembrano improbabili solo perché qualcuno ha fatto male, qualcun altro invece bene, e così le loro strade si sono incrociate. Come adesso, insomma.

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