mio articolo da MAGIC FOOTBALL del 4 novembre 2011
E’ fresca la notizia della stipula del contratto che legherà Giovanni Simeone al River per i prossimi tre anni. L’accordo è comprensivo di una clausola rescissoria di ben 15 milioni di euro – nemmeno dollari com’era consuetudine in Sud America fino a poco tempo fa, prima che l’Europa e la sua valuta iniziassero a dettar legge ovunque.
Figlio d’arte, di Diego, il ‘Cholito’com’è comprensibilmente soprannominato è oggi la sfavillante punta della Septima del River, categoria delle giovanili riservata ai sedicenni che quest’anno sono la classe ‘95. Quando suo padre lasciò il River, dopo averlo guidato alla conquista del Clausura 2008 ma esserne anche stato al comando nel primo dei successivi disastrosi semestri che l’hanno portato alla retrocessione, il ragazzo decise di restare ugualmente alla Banda. Questa difficile e quindi meditata scelta si rivelò quella giusta per sé e di conseguenza per i suoi: giostrando fra Novena e Octava, infatti, nel 2010 si trasformò nel maggior marcatore stagionale del Club, fra tutte le categorie, con 26 gol in 22 partite alla stupefacente media di quasi 1,2 a uscita.
Giovanni, i cui due fratelli minori studiano e giocano al par suo al River, è l’ultimo del giovane trio delle meraviglie integrato da Juan Cruz Kaprov e Tomas Martinez, l’erede designato di Lamela, ad aver firmato un vero contratto. Quella di mettere le cose nero su bianco coi migliori talenti in erba è diventata ormai una consuetudine a Núñez come in molti altri Club argentini e sudamericani in genere. Il motivo è presto detto. La loro maturità è ampiamente superiore a quella della media dei giovani calciatori europei – il cui destino, nel caso di quelli che escono dalle più importanti squadre del continente, è spesso quello di venir parcheggiati nelle serie inferiori invece di essere lasciati maturare accanto a grandi campioni – e in assenza di un contratto il rischio di vederseli soffiare è reale.
A testimonianza dello spettro della razzia dei ragazzi più promettenti argentini da parte di più o meno ricchi club d’oltreoceano c’è il caso scoppiato proprio al River qualche tempo fa. Erano i primi di settembre quando iniziarono a girare voci circa la presunta fuga di Ivan Diaz, promettente centrocampista diciottenne che era al River dal 2004 e aveva già giocato con la Reserva, letteralmente scomparso dalla sera alla mattina. A parte l’interesse di qualche squadra che si supponeva potesse essere greca o inglese, c’era anche la questione legata al cosiddetto risarcimento per la formazione che nel suo caso si sarebbe aggirato attorno ai 200.000 euro e di cui i dirigenti avrebbero dovuto presumibilmente parlare con l’entourage, facilmente familiare, del ragazzo.
Con queste premesse si possono trarre due conclusioni. La prima è che i soldi stanno purtroppo condizionando sempre più il calcio fin dalle sue basi. La seconda, con cui mi piace concludere, è che il talento non ha limiti né qualitativi né tanto meno quantitativi e la tradizione ‘millonaria’ continua a offrire spunti tecnici e di conseguenza narrativi. Anche se, con tutto vantaggio del movimento argentino in genere, l’attualità ne sta offrendo di nuovi e insoliti per la loro usuale rarità anche altrove.