Il Barcellona è realmente più forte

mio articolo da WORLD STRIKER di New York del 13 dicembre 2011

Al termine dell’ultimo Superclasico mi sono tornate in mente le parole pronunciate recentemente da Cesar Luis Menotti. L’ex allenatore del Barcellona e selezionatore dell’Argentina campione del mondo nel ’78, al quale nel suo Paese tradizionalmente si lega l’idea di bel calcio, parlando di Mourinho e del suo Real Madrid aveva osservato che giocare di rimessa, per quanto con grandi campioni, implica l’handicap di dover contare innanzitutto sull’errore dell’avversario.

Ebbene, sabato dopo nemmeno un minuto di gioco si è verificato esattamente questo: errore di Victor Valdes su rinvio, due deviazioni su altrettanti tiri in rapida successione e palla che finisce a Benzema per l’1-0. Poi, senza comunque troppa convinzione, le ‘merengues’ sono riuscite ad arginare gli avversari per quasi un tempo (sprecando pure l’occasione del raddoppio) ma nella ripresa il crescendo del Barcellona si è trasformato nell’ennesimo monologo. La concretezza mancata nelle ultime uscite ha fatto la differenza, leggasi altri due gol dopo quello segnato al 30’, e così i catalani hanno finito per stravincere facendo e disfacendo a piacimento, ciò che sempre Mourinho con malcelato fastidio ha definito “quel che gli piace fare di più”.

Ancora Mourinho, fintamente immemore di quella toccata ai suoi in apertura, come da copione, ha ravvisato nella buona sorte degli avversari il fattore decisivo identificando nel gol del vantaggio su tiro di Xavi con successiva deviazione di Marcelo e carambola favorevole sul palo la botta di fortuna che avrebbe deciso la sfida. O, addirittura, l’unica vera differenza fra le due squadre.

Con le carte sul tavolo, è giusto puntualizzare un paio di cose a chi ama fare le pulci agli altri. E’ giusto cioè rispondere al portoghese. Virtualmente, sì, ma non inutilmente conoscendo il numero di comuni estimatori che vanta, alcuni dei quali sicuramente sono fra i lettori.

Innanzitutto va chiarito un equivoco di base che non capisco come non sia stato ancora chiarito. Mourinho e Guardiola sono semplicemente gli interpresti di due tipi di calcio opposti, di cui uno può piacere più dell’altro a seconda dei gusti. Non è possibile paragonare l’operato di un allenatore che per scelta non resta più che un paio di stagioni alla stessa squadra con quello del tecnico del Barcellona: se anche se ne andasse a fine stagione, quest’ultimo avrebbe comunque trascorso tutta la propria carriera in panchina (fin qui di 5 anni) a capo di un progetto prima junior e poi senior, quindi le due cose insieme coi tanti giovani del vivaio che sta lanciando. Un progetto, quello barcelonista, che è la materializzazione di un’idea che se appartenesse anche al Real Madrid non avrebbe portato Mourinho dov’è adesso. Solo ed esclusivamente perché i metodi sono diversi e diverse sono anche le strade intraprese per raggiungere gli obiettivi.

La stessa fretta che contraddistingue i diversi passaggi della sua carriera, Mourinho la tradisce nel gioco che fa praticare alle sue squadre. A Madrid ha trovato il pieno appoggio di Florentino Perez, a sua volta il più impaziente dei grandi presidenti, ma siccome non è detto che (almeno) quest’anno il Real riesca (finalmente) a vincere qualcosa che conta vedremo a maggio come si definiranno i rapporti fra lo Special One e il Number One madridista. Se, cioè, l’intesa resterà intatta.

Tornando alla partita, sull’1-0 ho desiderato fortemente che il Barcellona pareggiasse perché volevo che se a vincere alla fine fosse stato il Real questo succedesse in ragione della supremazia del suo gioco su quello degli avversari. Checché ne dica Mourinho, il Barcellona ha vinto perché il suo calcio è stato superiore, non per la fortuna. Perché se fortuna c’è stata sul gol del 2-1, tutto il resto è venuto ancora una volta dal movimento, dall’intesa, dal possesso palla, dall’insistenza, dall’incrollabile fiducia di ogni protagonista in sé e in quel modo di giocare oltre che da altre due reti. Semmai è stato il Real a non fare molto dopo aver approfittato al meglio dell’occasione che si è trovata servita su un piatto d’argento al primo minuto. Certo, Cristiano Ronaldo non era in forma e Özil ancora meno, ma quando il risultato è tornato a essere in parità si è visto chiaramente come Mourinho continuasse a far conto solo sulla vena dei suoi fortissimi solisti: troppo poco con tanto materiale a dispozione e anche decisamente offensivo, sempre in considerazione dei calciatori che ha – anche se stavolta CR7 non si è lamentato (almeno pubblicamente). Questo mentre Guardiola, i cui giocatori erano comunque in serata, aveva allestito un gruppo in grado di imbastire azioni a gettito continuo. Se anche Busquets sceglie di dribblare per liberarsi di chi ha di fronte e in campo dal primo minuto è stato mandato Alexis Sanchez che la palla la gioca più di Villa allora è evidente che di occasioni Guardiola voleva che se ne creassero, non solo che se ne trovassero. E i fatti gli hanno dato ragione una volta di più.

Da qui a considerare il Barcellona imbattibile, però, ne corre. E’ questo l’errore che commettono tutti coloro a cui è inviso, perché chi invece lo apprezza non si dimostra supponente a questo riguardo – può sfottere gli avversari per le tantissime vittorie, ma sa bene da dove viene tanta grazia. Il Barcellona vince tanto perché gioca bene e non viceversa. Cioè a dire, non può permettersi di strafare perché tanto avrà la meglio: sarebbe una contraddizione in termini, è una di quelle sparate che smascherano chi si professa obiettivo ma finisce per dimostrarsi tifoso. Se non strafacesse, poi, temo che vincerebbe davvero molto meno soprattutto quando davanti si ritrova tanti legittimi pretendenti a Pallone d’Oro eccetera eccetera. Sì, perché il Real Madrid puntualmente superato negli ultimi tempi, che dal Barcellona resta lontano non solo in termini di successi ma anche di gioco, è comunque zeppo di campionissimi. E partendo proprio da questo se uno dei tecnici considerati più geniali al mondo, con buona parte del meglio dei giocatori che c’è in giro e dopo aver fatto spendere al suo club centinaia di milioni per poterli allenare, in 8 partite non è ancora riuscito ad oscurare il Barcellona (battuto solo in Coppa del Re), allora credo che si dovrebbe rivedere il giudizio su di lui. E già che ci siamo si potrebbe ripensare anche all’attuale gestione del Real Madrid (e dei suoi emuli Manchester City e PSG) perché in campo al Bernabeu, sabato, con la maglia azulgrana sono scesi da titolari 8 giocatori usciti dalle giovanili – e in panchina ce n’erano altri tre.

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