River, missione compiuta

mio articolo da RIVERPLATE.COM del 24 giugno 2012, riproposto su SOY DE RIVER

Promozione! Al termine di un anno sofferto seguito a uno altrettanto difficile in cui il timore di una retrocessione poi avvenuta aveva paralizzato tifosi e giocatori, finalmente il sospirato premio. Il River vince il campionato cadetto precedendo in volata il Quilmes, evita le sabbie mobili di nuovi spareggi e torna alla dimensione che le compete per rango, storia e qualità (quella che era mancata la scorsa stagione). Ma quest’ultimo mese non è stato per niente tranquillo, anzi forse il più agitato di tutto l’anno con sorprese a ripetizione la cui combinazione, però, è stata magica. Ripercorriamolo.

Giugno era iniziato con la delusione dell’eliminazione in semifinale di Copa Argentina. Contro il Racing, ai rigori dopo lo 0-0 nei tempi regolamentari, era risultato fatale l’errore di Villalva. Proprio la presenza di Villalva e di tanti altri giovani, però, resta il marchio di una bellissima campagna ‘copera’ che Almeyda ha voluto parallela al campionato senza il rischio che a questo sottraesse troppe energie. Grande onore quindi a tutti i ragazzi che, diversamente da chi la finale invece l’ha raggiunta senza mai rinunciare come minimo a un’intelaiatura di giocatori esperti, hanno terminato per risultare scelte logiche al di là delle formazioni alternative a quelle titolari che il tecnico ha privilegiato e di cui sono stati gli ovvi protagonisti. Ma non c’è da stupirsi: numerosi elementi verdi, anche se non tanto quanto e tanti quanti quelli che hanno giocato la Coppa, onorando una tradizione senza pari fra le grandi d’Argentina e non solo Almeyda ha saputo lanciarli anche nel campionato di B – la competizione più importante del semestre se non dell’intera storia del Club.

Tornando proprio al campionato, alla terz’ultima giornata l’agognata anche se non definitiva svolta: vittoria sul Boca Unidos e contemporanee sconfitte di Rosario Central e Instituto, quest’ultimo addirittura in casa benché per mano della quarta in classifica Quilmes che aveva ancora speranze (fondate, come si sarebbe visto) di agganciare la zona di promozione diretta. Dopo questo terremoto, la classifica vedeva il River di nuovo primo da solo dopo molti mesi con 70 punti, uno più dei rosarini e 2 dei Cerveceros. Ma c’è stato da sudare, per vincere e vendicare così la sconfitta in extremis dell’andata. Solo un guizzo di Rogelio Funes Mori a una manciata di minuti dal termine, in un finale rocambolesco, ha infatti salvato la Banda risparmiando l’ennesimo mal di stomaco al Monumental stracolmo un’altra volta e tutto il cosiddetto ‘mondo River’. Di più: c’è stato bisogno che il tecnico apportasse le giuste modifiche a una formazione titolare che a dispetto dei nomi non stava dando i frutti sperati. E decisioni migliori non avrebbe potuto prendere. Ocampos, dentro per lo spento Villalva reduce dalla delusione del rigore fallito in Coppa, non ha fatto tempo a mettere piedi in campo che subito ha portato in vantaggio i suoi. Sembrava fatta, a meno di un quarto d’ora dalla fine, e invece gli avversari hanno saputo pareggiare. La buona stella dell’attacco di scorta, però, ha fatto sì che Funes Mori, che a sua volta aveva rilevato Cavenaghi poco prima della mezz’ora della ripresa, mettesse la zampata liberatoria quando ormai sembrava non esserci più tempo. Per il resto, c’ha pensato Vega a salvare la baracca con una serie di interventi, di cui uno di piedi davvero prodigioso, che più opportuni non avrebbero potuto essere in una giornata decisamente negativa per tutto il resto della difesa.

A tener banco sono però state anche notizie di contorno a quelle prettamente sportive, una delle quali addirittura di cronaca nera: un altro ragazzo, Gonzalo Saucedo di 21 anni, è stato infatti accoltellato prima della partita nel corso di un apparente regolamento di conti fra ultrà ‘millonarios’ affiliati ai Borrachos del Tablon. Con riguardo invece alla squadra, dopo questo trionfo tutto sembrava andare per il meglio a Núñez. E invece è scoppiata l’ennesima polemica stagionale, questa volta in seguito alle dichiarazioni del Chori il cui riferimento alla solitudine dei giocatori e del corpo tecnico in certi momenti dell’ultimo incontro come del resto del campionato è stato interpretato come un attacco velato a tifosi e dirigenza. Sempre difficile, il giudizio sulla gente: bisogna infatti distinguere fra il tifo organizzato e quello spontaneo, ma non possono nemmeno essere ignorate le presenze oceaniche a ogni uscita della Banda. Nel dubbio meglio badare ai numeri, che sono gli unici sui quali non ci si può sbagliare e a due giornate dal termine dicevano che il River era primo.

Fatto sta che proprio il Chori è stato l’involontario responsabile della possibile tragedia sportiva della giornata successiva. Quando si dice il destino… A Santa Fe, sul campo del Colon per l’occasione casa del Patronato, è infatti arrivata l’inopportuna, pesantissima seconda battuta d’arresto del semestre i cui effetti nefasti ha potuto limitare solo l’ancora più inopinata sconfitta interna del Rosario Central, il giorno successivo. Al termine di un incontro in cui si sono perse svariate occasioni per andare in gol (Cavengahi ha colpito un palo e Trezeguet è stato insolitamente impreciso), la rete di Acosta e soprattutto il rigore che Alejandro Dominguez si è fatto parare nel finale rischiavano di far risucchiare in classifica il River a soli 90 minuti dal termine del campionato. A giornata completata, invece, la classifica avrebbe detto River e Instituto 70, Rosario Central e Quilmes 69. Certo, niente di definitivo né tanto meno rassicurante visti i risultati alterni e spesso inaspettati che tutte le pretendenti alla promozione eccezion fatta per il lanciatissimo Quilmes avevano raccolto nelle ultime settimane, ma se non altro si era tornati padroni del proprio destino. Tornando all’andamento della partita, a lasciare increduli era stato il secondo tempo, coi giocatori della Banda spossati e spaesati dopo una prima frazione all’arrembaggio, forse troppo considerati gli errori causati dalla foga. Archiviato il turno con un enorme sospiro di sollievo, Almeyda in vista dell’ultima partita avrebbe comunque dovuto trovare l’assetto tattico giusto e imporre ai suoi calma e maggiore attenzione in certe situazioni di gioco come per esempio i calci piazzati e le palle alte che proprio contro il Patronato, per l’ennesima volta, erano stati fatali.

Contro l’Almirante Brown, quindi, vittoria avrebbe significato promozione senza bisogno di contare su altri risultati. Ma la vittoria era anche il risultato che praticamente la metà delle volte in cui era sceso in campo in questo torneo il River non aveva ottenuto (37 partite con 19 successi, 13 pareggi e 5 confitte). Per farcela, ci sarebbe stato bisogno innanzitutto di gol, a partire da quelli dei tre attaccanti principi (Cavenaghi, Trezeguet e Dominguez) che però erano a secco nel complesso da tre partite e mezzo. Avrebbe anche aiutato non subirne, come però in campionato era successo solo in una delle ultime cinque occasioni. E poi la gente, perché anche dell’appoggio dei tifosi ci sarebbe stato bisogno, ma in relazione a ciò un elemento non di poco conto è stata la chiusura dell’anello superiore della curva locale (che contiene 16.000 spettatori) in conseguenza dell’assassinio di Gonzalo Saucedo avvenuto due settimane prima che è l’ennesimo fatto di sangue difficile da riportare e poi superare quando si fa cronaca. Ma proprio perché questa è cronaca, diciamo che alla fine tutto (nonostante tutto) è andato come doveva a cominciare dall’apporto imprescindibile e decisivo di Trezeguet che è stato autore dell’ennesima doppietta e ha così fatalmente legato il proprio nome a questo evento felice più di qualsiasi altro protagonista. Per quanto possano risultare di contorno commenti tecnico-tattici in un frangente come questo, va però ricordata anche la mano di Almeyda che con l’inserimento di Rogelio Funes Mori a inizio ripresa contemporaneamente al richiamo in panchina di Cavenaghi ha trovato la chiave per sbloccare un incontro il cui risultato sembrava destinato come tanti altri prima a non schiodarsi. Il Mellizo è infatti stato l’autore di entrambi gli assist e per quanto il primo sia stato viziato da fuorigioco vien da pensare al di là di ogni simpatia o antipatia che la partita fosse comunque scritta – oltretutto Instituto e Rosario Central sono caduti per l’ennesima volta nelle ultime giornate e ogni speculazione sui piazzamenti finali, in ragione di ciò, cade a prescindere.

Ora che il River si è ripreso nel minor tempo possibile quel che gli spetta (e l’ha fatto non in base al nome ma a quanto dimostrato) gli tocca mantenere il rango riconquistato. E’ qui che tornerà in prima linea la dirigenza, è ora che sarà necessario onorare lo sforzo fatto sul campo con una conduzione finalmente degna di questo club. La mano, insomma, passa al Presidente. Tutto il River, tifosi vicini e lontani, le masse oceaniche che hanno seguito la squadra in ogni angolo d’Argentina e quelle che sono state incollate a televisori, radio e computer ovunque nel mondo, nel frattempo festeggia godendosi il meritato e sospiratissimo trionfo. E deve farlo pieno d’orgoglio, perché nello sport la categoria non è tutto.

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