mio articolo per GIANLUCAROSSI.IT
E’ sempre difficile, delicato e rischioso analizzare l’operato di un allenatore che col suo modo di fare ha rappresentato una novità nel panorama mondiale realizzando anche imprese attese per decenni.
Con lui il Porto ha vinto due coppe che i più davano alla portata di squadre in quegli anni più forti. Con lui il Chelsea è tornato campione d’Inghilterra. Con lui l’Inter ha vinto una Champions che agognava da mezzo secolo.
Tanti importanti successi, però, non sono stati perle uniche nella storia di questi club. Il Porto aveva già vinto una Coppa dei Campioni e dopo di lui Villas-Boas pur coi suoi limiti l’ha portato a un titolo nazionale da imbattuto e a una seconda Europa League. Il Chelsea, che pure non si era laureato campione d’Inghilterra negli ultimi cinquant’anni, prima del suo arrivo aveva vinto in Europa (impresa a lui non riuscita) e l’avrebbe fatto anche dopo, per ben due volte, così come anche il titolo inglese l’avrebbe riconquistato. L’Inter quindi resta forse l’unica eccezione, essendo stato il cosiddetto Triplete del 2010 una vera impresa; ma pur con una rosa diversa il club prima di lui aveva già ritrovato una nuova dimensione innanzitutto nazionale, e con essa una solidità, che non si possono trascurare se si cercano le radici di una successiva affermazione a lui riconducibile così importante.
Al Real Madrid, quindi, le cose sono andate diversamente. Non ha dato al club più di quanto altri avessero e avrebbero fatto, comunque vada a finire la prossima finale di Champions. Non ha infatti conquistato l’unico trofeo che avrebbe davvero fatto la differenza nella storia gloriosa recente dei ‘blancos’, nonostante per lui Pérez abbia speso tutto quel che gli è stato chiesto – aspetto, quest’ultimo, che sottolinea l’influenza che Mourinho riesce ad avere sui suoi presidenti rispetto a chi per esempio l’ha sempre seguito (all’Inter, per dirne una, negli ultimi anni si son dovute fare le nozze coi fichi secchi).
Ora poi, di ritorno a Londra, ha collezionato la seconda stagione consecutiva con ‘zero tituli’ dopo l’ultima in Spagna.
Mourinho può piacere o meno. Da lui si risulta inevitabilmente esaltati o irritati, senza mezze misure. Sono comunque in tanti a dovergli gratitudine, anche se alla luce di quanto esposto forse una devozione ‘senza se e senza ma’ è esagerata. E l’Inter, ancora una volta, fa eccezione: meglio di come l’ha guidata non avrebbe potuto – e non solo in Italia, dove di corazzate nel suo biennio non ce n’erano. Gli altri club in cui ha lavorato invece non sono sempre andati bene, al punto che sotto i riflettori sono stati spesso più per la sua linea comunicativa che per quanto fatto in campo.
Lasciando da parte quindi l’attaccamento, i freddi numeri dimostrano che resta un vincente ma non è più, almeno per ora, lo Special One che lui per primo si è detto col successivo avallo di tanti. Dopo quel famoso 2010, ha infatti vinto solo un campionato, una coppa e una supercoppa nazionale; perdendo poi, alla prima occasione continentale importante, a cui per altro era giunto per meriti altrui, la Supercoppa Europea. Insomma, in quattro anni e alla guida di due delle quattro squadre più forti al mondo ha conquistato decisamente meno di quanto abbiano fatto nel frattempo sia le squadre sue rivali a seconda del momento che alcuni altri allenatori di cui alcuni suoi riconosciuti antagonisti.
Guardando alle squadre, nel triennio al Real Madrid hanno fatto meglio sia il Barcellona che l’Atlético, quest’ultimo capace addirittura di portare nella capitale spagnola tre trofei europei e battere anche i cugini, proprio con lui in panchina, nella finale di Copa del Rey. In questa stagione, che l’ha visto di nuovo alla guida del Chelsea, con una rosa più valida di quel che si dica, ha poi letteralmente gettato al vento titolo (nonostante non abbia mai perso contro le grandi) e qualificazione all’ultimo atto della Champions in una retta finale dominata dai nervi al termine di una stagione vissuta principalmente alzando i toni – come tutta la stampa britannica ha sottolineato facendo il confronto con la sua prima esperienza a Londra, seguendo sostanzialmente quella spagnola che gli aveva mosso gli stessi appunti fino all’anno scorso.
In quanto invece ai tecnici, considerando quelli che hanno incrociato la sua strada o seguito le sue orme, sempre nell’ultimo quadriennio hanno vinto di più o comunque titoli più prestigiosi Guardiola (al Barcellona prima e al Bayern poi), Benitez e addirittura Di Matteo (che a differenza sua sono riusciti entrambi a regalare allori continentali al Chelsea, il primo anche uno nazionale al Napoli) e Heynckes (che col Bayern ha ottenuto anch’egli un Triplete). Questo in attesa di scoprire chi solleverà la prossima coppa dalle grandi orecchie, anche se in ogni caso visti i protagonisti Madrid si confermerà una spina nel suo fianco.
Per concludere, non c’è dubbio che Mourinho con le sue idee e il suo stile resti fra i tecnici migliori e più in vista al mondo. Col passare degli anni, però, le sua prosopopea circa la qualità del proprio lavoro rispetto a quello di colleghi che avrebbero potuto vincere molto di più (Ferguson) o che vincono grazie ad aiutini (Guardiola) stanno fatalmente perdendo di credibilità e soprattutto risultano stonate per chi non ha bisogno di essere opportunamente caricato per fare una grande prestazione perché semplicemente osserva le cose. Restano quindi ai fatti, e soltanto lui può sapere se essere ‘solo’ fra i migliori sia un punto d’orgoglio oppure un’intollerabile condizione o prospettiva. Quel che è certo, la cruda realtà.