Quilmes, birra contro mate

mio articolo da PILLOLE ARGENTINE del 28 maggio 2015

La località a sud di Buenos Aires divenuta famosa per la birra è stata anche un fondamentale polo nella storia del calcio argentino.

A portare il calcio in Argentina, nella seconda metà dell’Ottocento, furono i britannici. Questi spadroneggiarono per una trentina d’anni almeno, fino a quando gruppi di giocatori di diversa origine sparsi un po’ per tutto il paese non decisero di opporsi a quel monopolio sportivo ma anche sociale e nel giro di qualche tempo fondarono i primi club cosiddetti ‘criollos’. Che a organizzarsi fossero discendenti italiani, spagnoli, tedeschi, francesi o di qualsiasi altra nazione, da fine secolo i sudditi della regina Vittoria avrebbero avuto pane per i loro denti.

Se esiste un luogo in cui tale svolta al tempo stesso sportiva e socio-culturale fu evidente, questo è Quilmes. Ubicata al centro della zona di maggiore influenza britannica, fra gli snodi ferroviari di recente costruzione simbolo della modernizzazione del paese, nel 1887 ebbe un nuovo doppio impulso: quello stesso anno infatti si aprì la famosa distilleria e si fondò il Quilmes Rovers Athletic Club.

Escludendo le squadre della capitale appartenenti ai collegi, su tutte il Buenos Aires Football Club che è da considerarsi la prima nata in assoluto in Argentina, il Quilmes fu dunque il primo club a essere fondato e nella miglior tradizione degli albori deve la propria esistenza agli anglosassoni. Nel corso del tempo dalla sua denominazione sarebbe scomparso ‘Rovers’ e poi lo spagnolo ‘Atlético’ avrebbe sostituito l’inglese ‘Athletic’, ma pur sempre dell’odierno QAC si tratta. Caso vuole però che proprio lì dov’era nato a fine secolo si costituisse anche la prima formazione non-britannica fuori da Buenos Aires, dov’era già comparso l’Estudiantes de Caseros, espressione della ribellione a un sistema molto ben radicato. Erano gli ultimi giorni del 1899 quando alcuni ragazzi incanalarono la propria insofferenza nei confronti del Quilmes pigliatutto nella creazione di un club rivale il cui nome, a sottolinearne l’identità opposta, fu ‘Argentino‘. Ovviamente ‘de Quilmes’.

Ci volle poco perché in città attecchisse la rivalità fra Cerveceros e Mates. I primi erano dunque anglosassoni e nello specifico inglesi, come suggerisce la maglia bianca con bordi blu che sarebbe stata un omaggio a quella dei Tre Leoni, e il loro soprannome li legava al principale prodotto della cittadina in cui giocavano non importa se la birreria fu aperta da un tedesco. I secondi si può invece dire che in base allo spirito che li animava potessero essere e di fatto fossero tutto meno che britannici, rappresentanti di un’argentinità autoctona come suggerito dal loro nomignolo che fa riferimento alla bevanda naturale più diffusa che puntualmente offrivano ai loro ospiti.

Le prime due occasioni di confronto diretto avvennero a principio del Novecento, entrambe amichevoli, e furono vinte una per parte. Da quel momento in poi, invece, benché nessuno dei due club sia diventato un colosso va registrato un maggior successo del Quilmes che non per niente oggi è in prima divisione mentre i rivali militano nella quarta. La prima sfida ufficiale data 25 maggio 1906 e andò agli ‘inglesi’, ma come sempre nei confronti fra Davide e Golia a un certo punto l’Argentino si prese una grande rivincita: il torneo cadetto del 1938 si chiuse con le due squadre a pari punti e per stabilire chi dovesse essere promosso fu necessario un doppio spareggio, che fu vinto proprio da Davide – a cui forse poca importò se la stagione seguente, nella massima categoria, stabilì il record negativo di tutti i tempi per il calcio argentino senza mai vincere e raccogliendo 4 soli punti frutto di altrettanti pareggi in 34 partite, comunque controbilanciato da quello del maggior numero di successi consecutivi (14) del 2003.

Squadra praticamente mai affrancatasi da una dimensione locale, quindi, l’Argentino; capace però di exploit e comunque da sempre rispettata. Basti pensare che il Racing, altro club ‘criollo’ che nei primi anni del Novecento stava per trasformarsi nel campionissimo in grado di spazzar via l’egemonia britannica, nel 1910 ritenne di dover chiedere permesso agli umili Mates prima di utilizzare i loro stessi colori. Ad Avellaneda avevano deciso di rendere onore alla patria nel centenario della Prima Giunta iniziando a vestire le casacche biancazzurre che sarebbero divenute classiche, ma trattandosi della divisa di un altro club ai dirigenti parve opportuno consultarlo. Risultato: permesso accordato a patto che le righe verticali alternate bianche e azzurre fossero però sette e non cinque.

L’Argentino insomma fece di tutto perché lo spirito del paese considerato autentico, ma in fondo principalmente figlio di una diversa immigrazione, si diffondesse contrastando quello di gente con cui tutt’oggi esiste un rapporto contraddittorio. Per parte sua il Quilmes si limitò a essere quel che era, e in principio dati i presupposti sicuramente gli bastò e andò bene, ma dal punto di vista storico è innegabile che gli vada riconosciuto un ruolo altrettanto prezioso – fosse anche solo perché ripercorrendone le vicende dalla fondazione, comunque si chiamasse, si possono contemporaneamente rivivere quelle di tutto il calcio argentino.

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