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United States of Germany

mio articolo da CALCIOSTRUZZO del 3 luglio 2010

Voglio andare controcorrente. Anzi devo.

Giù il cappello di fronte alla macchina perfetta della Germania, che dopo aver superato nettamente benché in condizioni particolari l’Inghilterra e schiantato l’Argentina si appresta ad affrontare la Spagna. Tredici gol in cinque partite vogliono dire tanto, tre poker e appena tre reti subite ancor di più. I tedeschi vanno sempre fortissimo ai Mondiali, ma quelli che ci sono in Sud Africa stanno veramente impressionando e penso anche alla prova eccellente contro la Serbia, in occasione dell’unica sconfitta patita almeno fin qui.

Con l’eliminazione ai Quarti di Brasile e Argentina per mano di Olanda e Germania, una semifinale fra quest’ultima e la Spagna e l’altra fra l’Olanda e l’unica sopravvissuta sudamericana, l’Uruguay, l’Europa rialza la testa e gli innamorati del risultato dicono che il Vecchio Continente, alla fine, si è imposto un’altra volta. Ma io no.

Il discorso sulla Spagna lo si liquida presto dicendo che la sua anima è il Barcellona dei campioni usciti dalla Scuola Calcio azulgrana (niente meno che Puyol, Piqué, Busquets, Xavi, Iniesta, Fabregas e Pedro) con l’aggiunta di Villa e qualche altro buon giocatore. Insomma, niente di paragonabile a tutte le altre Nazionali europee. La classica eccezione che nell’occasione conferma la (triste) regola dei vivai trascurati.

In queste settimane si sta cavalcando il tema degli oriundi di edoardoagnelliana memoria, evidentemente augurandosi che altri stranieri travestiti in fretta e furia da italiani possano tornare a fare la fortuna dei nostri Club e degli Azzurri, come negli anni Trenta. Si sottolinea quasi con stizza che l’Inter pigliatutto non ha un italiano titolare fisso, ma poi volendo scegliere la via più facile per riprendersi ci si dice subito pronti a fare altrettanto con la Nazionale, che però non è un Club… Ma sì, puntiamo sui ragazzi africani e sudamericani che già riempiono le nostre giovanili almeno quanto le prime squadre, e successo sarà! Rabbrividisco.

Non riesco a concepire quest’idea. I giovani stranieri pronti a scegliere per quale Selezione giocare non sono per forza migliori dei nostri e se fino a oggi hanno badato a dove potevano trovare più spazio temo che un domani possano essere convinti a suon di soldi passati sottobanco… E poi per me l’identità, almeno quando si tratta di Nazionale, è un punto fermo e una ricchezza cui non si può, non si deve rinunciare.

Ma torniamo alla Germania e cerchiamo di capire perché Germania non può essere chiamata e l’Europa delle Nazionali ha poco da sentirsi rappresentata da essa in Sud Africa.

Klose, Podolski, Trochowski, Cacau, Tasci, Oezil, Boateng, Marin, Khedira, Aogo e Gomez son tutti calciatori forti e bravi, ma nessuno di loro è tedesco. Pensate che i fratelli Boateng han deciso di giocare uno da tedesco e l’altro da ghanese… Quando vediamo una foto di Klose che abbraccia Oezil dobbiamo sapere che si tratta di un polacco che abbraccia un turco e che quel polacco si sente tale al punto che nonostante abbia trent’anni suonati farà di tutto per giocare i prossimi Europei in casa propria, come ha detto lui stesso. Questi giocatori non avrebbero trovato spazio in Nazionale, fino a qualche anno fa. E se adesso invece sì, non credo che sia una conseguenza del cosmopolitismo di quel Paese e del resto d’Europa. Credo semmai che la Germania, in tempi di magra, abbia precorso i tempi pesacando da ogni parte e forse anche forzando un po’ la mano se è vero (ma non lo sapremo mai) che il passaporto tedesco di Oezil non è regolare, come ha detto il rispettato e consideratissimo Hiddink, non penso solo perché avrebbe voluto schierarlo con la sua Turchia.

Posso invece arrivare a pensare che questa Germania sia lo specchio della Nazione che rappresenta: ben distinta da quella fra le due Guerre ma anche furba. Se Hitler, inseguendo ideali ripudiati dalle nuove generazioni, sognava una Germania che occupasse tutta l’Europa a partire dalla Polonia di Klose, Podolski e Trochowski, oggi i tedeschi si ritrovano consenzientemente invasi dall’Europa, ma dietro tanta accondiscendenza ravviso la lunga ombra della convenienza. La Germania mi dà l’idea di un oste costretto a starsene sulla porta del proprio ristorante, sbracciandosi per far entrare qualche cliente che gli eviti di fallire. I tanti emigrati in Germania dall’Italia e dalla Turchia non mi sono mai sembrati troppo propensi a dimenticare terra e tradizioni natìe, è vero, ma la loro integrazione non si è mai compiuta per davvero anche a causa dei loro ospiti. Che spaghetti, mandolino e baffo nero di un talentuoso calciatore italiano rischino di stare improvvisamente bene ai tedeschi di Duesseldorf e Stoccarda? D’altra parte, kebab e cattolicesimo già furoreggiano nei centri sportivi di mezza Germania… Come dire, porte aperte ai campioni di tutto il mondo: oggi loro, domani c’è da scommetterci l’Italia e magari l’Inghilterra. Il Portogallo, si sa, già lo fa: basti pensare a Deco e Pepe.

Insomma, la Nazionale tedesca è bella e forte. Ma non è la Germania. E a maggior ragione non c’entra l’Europa dei referendum anti UE e dei particolarismi. Men che meno quella autentica del pallone. Trattandosi di Germania, semmai, sarà quella della Banca Centrale di Francoforte. Perché vittoria fa sempre più rima con soldi e profitti.