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Uno, cento, mille scudetti

mio articolo da GIORNALISMO 2012 del 1° maggio 2012

Mancano meno di due settimane all’assegnazione dello scudetto e le polemiche, al solito, non mancano. Si discute sugli episodi arbitrali che avrebbero condizionato l’andamento del torneo in corso ma anche sull’opportunità che la Juventus si appunti la terza stella sul petto in caso di vittoria. E con questo si torna alla vicenda che più di ogni altra mette a nudo il caos che regna nel mondo del pallone italiano: quella annosa riguardante l’assegnazione del titolo 2006.

A tale proposito, obbedendo alle disposizioni del presidente Abete qualche mese fa il Consiglio Federale si era dichiarato incompetente in materia e così il titolo originariamente conquistato dalla Juventus è rimasto forse in via definitiva all’Inter. Nemmeno una diffida a carico dei nerazzurri, poi, nonostante gli accertati – benché tardivamente – contatti proibiti con rappresentanti di spicco della classe arbitrale che non si discostano nella sostanza da quelli che hanno portato invece alla condanna di tanti altri club.

La società maggiormente danneggiata fra tutte, cioè la Juventus che fu retrocessa d’ufficio e a cui sono stati sottratti i due scudetti che ora reclama e che con quello che potrebbe vincere a breve varrebbero un’altra stella, per bocca del nuovo presidente Andrea Agnelli annuncia con regolarità iniziative legali volte a un risarcimento. Al momento, però, l’unica conseguenza di ciò è che continuiamo ad assistere al contorcimento su se stesso di un sistema calcistico tanto imperfetto da apparire irreale, che dipende da una Federazione pavida che è incapace di dare risposte e dirimere equamente le questioni legali da essa stessa in sostanza sollevate.

E’ un sistema antisportivo nel complesso, a cominciare da chi non fa parte del suo governo e dei suoi organi di controllo. Si parte chiaramente da Moggi e quelli come lui per passare via via, scendendo di responsabilità, a tutti coloro che hanno provato ad arrangiare clandestinamente le cose a proprio favore. Sono un’infinità i personaggi gradualmente usciti allo scoperto dimostrandosi innanzitutto tifosi nel senso meno nobile del termine, servi di una fede o di un CDA. A completare il quadro, come già ricordato, le istituzioni e i vari organi coinvolti chiamati in causa nel corso degli anni ognuno secondo competenza hanno puntulmente disatteso il proprio ruolo e deluso ogni aspettativa.

In tanto marasma, lo scenario sportivo che è andato delineandosi in questi anni ha subito uno stravolgimento irreparabile.

Milan e Inter, apparentemente l’una contro l’altra a maggior ragione dopo Calciopoli, in realtà hanno beneficiato allo stesso modo di questo disastro giudiziario: sono infatti arrivate ad alzare una Champions League a testa. I primi subito dopo aver dribblato una penalizzazione in classifica calcolata proprio per evitargli di partecipare al maggiore torneo continentale del 2007 per via delle irregolarità commesse; i secondi, complice l’occhio chiuso sull’operato di alcuni suoi tesserati, dopo aver goduto di anni di improvviso strapotere in Italia in seguito a cui si sono rafforzati al punto da poter competere per i più alti traguardi. Il tutto, al di là dell’affossamento della pur colpevole Juve i cui dirigenti di allora sul piano della slealtà non avevano però trasgredito a regole diverse rispetto a colleghi che invece se la sono cavata, è motivo di ancor più rabbia fra gli osservatori neutrali: il verificatosi rifiorire di tante diverse realtà calcistiche che per decenni erano state sacrificate allo strapotere delle tre grandi d’Italia, infatti, avrebbe potuto essere ancor più evidente se la Giustizia fosse stata puntuale e, utilizzando una tautologia, giusta.

Dopo quanto emerso negli ultimi mesi, siamo ormai rassegnati all’idea che alle conseguenze di Calciopoli si sommeranno quelle dipendenti dalle ormai imminenti nuove sentenze su Scommessopoli, il nuovo tormentone giudiziario del nostro calcio. Se fosse possibile chiudere il discorso in breve tempo, sarebbe quasi auspicabile che indipendentemente dalle condanne già emesse e ancora a venire si creassero innanzitutto i presupposti per un calcio che in futuro non venisse più gestito come fino ad ora e, di conseguenza, tornassero o piuttosto iniziassero a esserci pari opportunità per tutti.

La Giustizia inciamperà ancora, senza riuscire a rimettere (troppo) ordine. Una cosa però la si potrebbe fare, col tanto parlare di titoli che si fa. E la si potrebbe fare a maggior ragione, con una forte valenza simbolica, in chiusura del 150° dalla nascita dell’Italia. Stabilito che nessuna Società merita lo scudetto del 2006, nonostante a una sia consentito di fregiarsene, perché non riconsiderare anche i titoli assegnati in Italia durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale? E’ stato quello un periodo in cui non si sono potuti disputare i campionati canonici, ma a calcio si è ugualmente giocato. Non certo per falsa retorica, ma al posto dei soliti nomi sarebbe davvero bello per una volta veder campeggiare sulle prime pagine dei giornali quelli meritevoli di Conversano, Juve Stabia, Spezia e Salernitana, i campioni di quegli anni assieme a Palermo, Lazio e Roma. Sarebbe bello che qualcuno raccontasse ai più giovani che calcio fu, quello. Sarebbe molto meglio che sbobinare l’ultima telefonata di uno dei tanti faccendieri del calcio moderno, italiani, slavi o zingari che siano, molti dei quali per una volta uniti al di là della razza benché in nome del profitto: aiuterebbe a riequilibrare un ambiente, comprensivo dei fruitori, che vive ormai solo di indotti ed equivoci stimoli.